Eccomi!

Ed ecco il mio primo post su ROIORDIE, sono un pochino emozionata, ma andiamo subito subito al sodo…
Il mio suggerimento per fare spesa e scorpacciata di godibilissima musica?
Una versione (gratuita) di “Castel Made of Sand”, di Hendrix del 1967, riarrangiata reggae (scaricatela qui), un po’ estiva e tanto creativa, come i veri castelli di sabbia che si possono vedere tutti gli anni alla Gara che si tiene a Jesolo, costruiti con qualsiasi cosa, olive, bandierine dei cocktails e stuzzicadenti, stessa creativita’ che si riscontra nei giri di basso della canzone e… Come non inseguire la melodia?
…E a proposito di sogni, creativita’ ed espressivita’, sole sabbia, vento mare, meraviglia e leggende…
Cercate, ed inseguite, le pentole d’oro (oro simbolo di preziosa musica, in questo caso) sotto l’arcobaleno, con i Rainbow nel brano: “Catch the Rainbow”:

Ride the wind to the sun
Sail away on ships of wonder

E per finire, per rilassarsi quando ci si perde un po’ di vista: “Soul to Squeeze” dei Red Hot Chili Peppers

Where I go I just dont know,
I got to, got to, gotta take it slow.
When I find my piece of mind,
I’m gonna give you some of my good time.

A questo punto caricate il vostro MP3/IPod/ o qualsiasi congegno elettronico abbiate per immagazzinare musica e..
PLAY!

Marquee Moon

Sono passati trent’anni dal settantasette, e si vedono in giro le prime celebrazioni. La pietra miliare di quell’anno, uscita nel febbraio del 1977, è sicuramente Marquee Moon dei Television. Nonostante l’anno, non è un album di punk, ma piuttosto figlio di quell’art rock chitarristico (?) che in seguito generò la new wave. Fin dall’inizio di See no evil si intuisce quale sia la cifra stilistica di tutto l’album: l’intrecciarsi delle due chitarre di Tom Verlaine e Richard Lloyd sostiene il cantato strozzato del leader. Quello che ne esce è un rock metropolitano, perfettamente aderente all’alienazione delle grandi città. E, in effetti, i Television sono figli della grande mela e figli dei Velvet Underground, sono influenzati da White light white heat e influenzeranno uno dei capolavori di Lou Reed, New York.
Come pure, sul versante più commerciale, gli Strokes di Is this it?.
Beh, insomma, andate in un negozio di dischi, anche non virtuale, e ascoltate See no evil o la title track Marquee Moon, poi mi saprete dire.
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Korn @ MTV Unplugged

Era il 1994 quando io ed i miei amici più che provinciali, di una provincia dove in quegli anni quasi neanche si riusciva a vedere MTV, scoprivamo la serie MTV Uplugged e la scoprivamo col botto! I Nirvana ad MTV, acustici: una cosa che per dei minchioni com’eravamo noi era stata tanto traumatica quanto bella! Come scoprire il sesso ma con Carmen Electra, una cosa così…

Poi gli anni passano, tu, tutto sommato, provinciale non ti senti più perchè i tempi son cambiati, le compagnie pure, ora viaggi di più, leggi, hai la tv satellitare e passi notti a guardare tutte le minchiate trendy che succedono dall’altra parte del mondo, hai l’ADSL flat e ti scarichi i podcast più fighi che trovi. Insomma c’hai lavorato su e tutto sommato sei abbastanza soddisfatto.

Una sera, ad un’ora abbastanza tarda, sei in poltrona, stai meditando se fare un’ultima scanalata sul satellite o buttarti a letto quando decidi di fare un’ultimo giro da 704 in su, sui canali musicali, giusto per abitudine. MTV Hits niente, solito Hip-Hop con enormi neri accompagnati da gnocche imperiali che, anche se non capisco le parole di preciso, stanno dicendo quello che dicono sempre:

…prendi una bottiglia di Cristal e aprila fra le tette della tua troi…
…spara a chi ti riga l’Hummer…
…io sono il pappa e voi le mie galline…

a volte la musica non è neanche male, ma molto più spesso è sempre uguale e molto mediocre, sicuramente la ricchezza sarà nelle sfumature del testo che, me ne spiaccio sinceramente, purtroppo non colgo. Andiamo avanti, passiamo a MTV Brand New, eccoli! STOP! Ci risiamo. Sono in pieno déjà vu, il 1994 è qui con me, non mi ha mai lasciato, Kurt Cobain è con me sul divano e tutti e due stiamo guardando i Korn ad MTV nella loro sessione Unplugged.

Ora, io non so se tu che leggi sei un fan dei Korn, io, ad esempio, non lo ero in modo particolare fino a pochi giorni fa, ma comunque stiano le cose fra te e i Korn io ti consiglio di ascoltare e possibilmente acquistare quest’album assolutamente, anzi tieni d’occhio il palinsesto di MTV (satelitare e non) perchè nei giorni successivi alla messa in onda che ho visto io hanno già fatto delle repliche, oppure vai qui.

Che cos’ha di speciale questa performance? Cominciamo dagli ospiti: Amy Lee degli Evanescence in Freak On a Leash e Robert Smith dei Cure in Make Me Bad / In Between Days, passando poi agli strumenti fra i quali, solo per elencarne alcuni, troviamo tamburi Taiko, seghe ed un gruppo d’archi ed ottoni.

La migliore al primo ascolto? Throw Me Away con i Taiko drums Ensamble.

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Titoli stupefacenti

Le rockstar hanno sempre avuto un rapporto contrastato con le droghe: la maggiorparte delle dichiarazioni è tesa a smentire quello che il loro comportamento pubblico evidenzia senza pietà.
Ma ci sono anche delle canzoni che portano la droga in primo piano, fin dal titolo.
Come, ad esempio, il famoso riff di Cocaine di JJ Cale, portata al successo da Eric Clapton.
Agli antipodi, sia come sostanza sia come attitudine artistica, ci stanno i Velvet Underground con Heroin, descrizione quasi onomatopeica degli effetti del buco.
Un po’ più vecchio stile sono i Rolling Stones con Sister Morphine scritta, oltre che da Jagger-Richards, anche da Marianne Faithful.
E poi c’è Lucy in the Sky with Diamonds, che, come il titolo promette, immerge i FabFour nella nascente psichedelia. Ah, dici che la droga non c’entra niente, è tutto merito/colpa di un disegno di un bimbo?
Certo, certo, ma quante zollette s’è fatto, ‘sto bimbo?
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Talkin' about a revolution

Gli anni sessanta americani saranno per sempre etichettati come quelli della rivoluzione. Della nascita dei movimenti hippy e pacifisti.
Iniziamo con Bob Dylan e The times they are a-changin, annuncio dell’avvento di una nuova generazione di cui la vecchia dovrà tener conto. Siamo nel 1964 e la canzone anticipa i tempi e lo stesso Bob Dylan prenderà strade che lo porteranno lontano dal movimento di protesta nascente.

Come mothers and fathers
Throughout the land
And don’t criticize
What you can’t understand
Your sons and your daughters
Are beyond your command
Your old road is
Rapidly agin’.
Please get out of the new one
If you can’t lend your hand
For the times they are a-changin’

Passiamo al 1967 con For What It’s Worth dei Buffalo Springfield, canzone che illustra la tensione sempre più crescente tra manifestanti e forze dell’ordine.

There’s something happening here
What it is ain’t exactly clear
There’s a man with a gun over there
Telling me I got to beware
I think it’s time we stop, children, what’s that sound
Everybody look what’s going down

Però già nel 1969, troviamo le prime incrinature nel movimento, quando la denuncia dal basso in Fortunate Son dei Creedence clearwater revival viene perfino tacciata di qualunquismo reazionario.

Some folks are born made to wave the flag,
Ooh, they’re red, white and blue.
And when the band plays “Hail to the chief”,
Ooh, they point the cannon at you, Lord,

It ain’t me, it ain’t me, I ain’t no senator’s son, son.
It ain’t me, it ain’t me; I ain’t no fortunate one, no.

D’altra parte, la mitica Wooden ships (1969) uscita in contemporanea nell’esordio omonimo di Crosby, Stills and Nash e in Volunteers dei Jefferson Airplane, fotografa impietosamente la perdita di mordente degli ideali sessantottini, dove la diserzione simboleggia una resa ed una evasione verso lidi troppo vicini ai paradisi artificiali.

If you smile at me, I will understand
‘Cause that is something everybody everywhere does
in the same language.
I can see by your coat, my friend,
you’re from the other side,
There’s just one thing I got to know,
Can you tell me please, who won?
Say, can I have some of your purple berries?
Yes, I’ve been eating them for six or seven weeks now,
haven’t got sick once.
Probably keep us both alive.

Wooden ships on the water, very free and easy,
Easy, you know the way it’s supposed to be,
Silver people on the shoreline, let us be,
Talkin’ ‘bout very free and easy…
Horror grips us as we watch you die,
All we can do is echo your anguished cries,
Stare as all human feelings die,
We are leaving – you don’t need us.

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Zuck's 2006 Favorites

Come tutto l’universo mondo ben sa, Zuck è un appassionato utilizzatore di quel social-web2.0-database- sito musicale che è il magnifico last.fm.
Andando a vedere le statistiche dello scorso anno possiamo scoprire quali siano i pezzi più ascoltati quando il vostro beneamato è collegato alla rete.
Ecco le prime posizioni:

  1. Eels – Railroad Man: Pezzo rilassante da un disco di cui ho già scritto meraviglie. Fidatevi di me, compratelo!
  2. Johnny Cash – Hurt: Fa piangere, gridare e contiene uno dei miei versi preferiti “and you could have it all – my empire of dirt”
  3. Eels – Fresh Feeling: Anche questo è un pezzo che rilassa e mette allegria. Ha aperto il concerto del tour Eels with Strings a Milano.
  4. The Go-Betweens – No Reason to Cry: Una ragione per piangere ci sarebbe, quest’anno ci ha lasciato Grant McLennan
  5. The Go-Betweens – Here Comes a City: Il pezzo di apertura dell’ultimo disco dei Go-Betweens, pop perfetto.
  6. The Kinks – You Really Got Me: Colpa di Badòn
  7. Eels – Blinking Lights (For You): Ancora gli Eels, che siano uno dei miei gruppi preferiti?

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Badòn selection

Come tutti sanno, anche i più piccini hanno dei loro gusti, per quanto imperscrutabili. Qui presenteremo la playlist selezionata dal piccolo Badòn.
Chi è il piccolo Badòn? Non è importante, ma se proprio ci tenete, andate qui.Badòn
Si comincia con i beneamati Rolling Stones e il pezzo di apertura del disco del 1965, Out of our heads. Il disco contiene Satisfaction, ma la preferenza di Badòn va a Mercy Mercy (ev mersi, ev mersi nonnì), una cover di un pezzo rhythm and blues.
Si continua con la celeberrima You really got me dei Kinks (tanana nanà, tanana nanà – iu rilli gamminau), che contiene il più bell’assolo fatto da un diciassettenne nella storia del rock.
Si conclude con Old Shit/New Shit (la canzone del treno ???)degli Eels, ritmo e strani effetti, cani e fantasmi. Dal più bell’album (Blinking lights and other revelations) degli ultimi cinque anni.
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Redneck woman/1

Redneck Woman  


People down in Florida can’t be still
When old Lynyrd Skynyrd’s pickin’ down in Jacksonville

Now be proud to be a rebel ‘cause the south’s gonna do it again and again

The South’s Gonna Do ItCharlie Daniels

Era il 1975 e la Charlie Daniels Band metteva su un pezzo, diventato una hit di quell’anno, intitolato The South’s Gonna Do It in cui venivano citati alcuni dei gruppi che negli anni successivi avrebbero fatto la storia del Southern Rock.
Quella che vi propongo oggi è una lista assolutamente parziale (di qui lo /1 in coda al titolo) di quelle che secondo me sono le canzoni che hanno fatto grande e fanno grande il Southern Rock.

  • Lynyrd Skynyrd (pronunciato ‘lÄ•h-‘nérd ‘skin-‘nérd), nome preso in onore del loro coach Leonard Skinner alla Robert E. Lee High School, a mio parere la più grande Southern rock band che sia mai comparsa al di sotto della cintura Amarillo – Tulsa – Springfield – Louisville – Charleston. Fra i brani che ho scelto senza dubbio il più rappresentativo di questa selezione è certamente Southern Women, un pezzo che trasuda del caldo umido del sud e di altri umori. Ma è un’altro il pezzo forse più redneck del mazzo: Sweet Home Alabama, un brano di spessore anche oltre il piano prettamente musicale. La leggenda infatti narra di come Sweet Home Alabama sia stata scritta da Ronnie Van Zant (“We thought Neil was shooting all the ducks in order to kill one or two”) come risposta scherzosa (Neil ha poi suonato in più occasioni dal vivo prorpio Sweet Home Alabama) a Southern Man di Neil Young
    Well I heard Mr. Young sing about her/Well I heard ol’ Neil put her down/I hope Neil Young will remember/A Southern Man don’t need him around anyhow
  • The Allman Brothers Band, nativi di Macon nella stra-confederata Georgia. Band tanto fortunata e talentuosa musicalmente quanto sfortunata nella vita (a dire il vero neanche i Lynyrd Skynyrd devono aver trovato un mazzo di quadrifogli…): il 29 ottobre del ’71, a Macon, muore schiantandosi con la moto contro un trattore (e anche qui c’è una leggenda…) Duane Allman; appena un anno dopo, l’11 novembre 1972, sempre a Macon, a poca distanza da dove era morto Duane, muore, ancora per un incidente in moto, Berry Oakley. Da notare che nella scena dei gruppi Southern gli Allman Brothers, fra tutti, erano quelli che incarnavano i valori migliori del sud, lasciando da parte la segregazione razziale ed una certa aura di conservatorismo che ha sempre ammantato chi sposava la filosofia redneck. Testimonianza ne siano il fatto che fra i loro membri ci furono musicisti di colore e che insieme ad altri gruppi della Capricorn presero posizione a favore di Jimmy Carter nelle elezioni presidenziali del ’76.
  • Creedence Clearwater Revival, a differenza degli Allman Brothers o dei Lynyrd Skynyrd, provengono da El Cerrito in California quindi dalla West Coast e non dal sud. Un gruppo con un momento di picco, se vogliamo, precedente, in pieni anni ’60 e con uno stile, sia musicale che comunicativo, differente dalla maggior parte dei loro contemporanei: pezzi brevi; mai ufficialmente schierati politicamente, anche con la guerra del Vientam in corso; contrari all’uso delle droghe (ierano gli anni ’60!). All’inizio, il loro decollo fu decisamente aiutato dalla rete underground delle radio FM di S. Francisco, così quando fecero il grande salto in AM si ritrovarono subito fra le Top 40 e fra il ’60 ed il ’70 i Creedence Clearwater Revival erano il gruppo rock che vendeva di più in tutti gli Stati Uniti.
  • Gretchen Wilson nata a Pocahontas in Illinois, lei è veramente il prototipo della redneck woman: dall’età di quindici anni ha lavorato come cuoca e cameriera in piccoli bar e ristoranti del sud più rurale, all’età di sedici anni va a vivere da sola ed a 20 entra a far parte di due gruppi con cui inizia a cantare nei bar. Da allora una carriera tutta in salita con un trasferimento a Nashville nel 1996, una collaborazione con John Rich, nel 2003 esce Here for the Party con 4 singoli nella US Hot 100 e nella US Country, nel 2006 esce All Jacked Up con 3 singoli nella US Country. Datemi retta, se incontrate questa ragazza siate molto galanti, altrimenti scoprirete una nuova accezione della parola molestia.
  • Jessica Simpson. Jessica Simpson?! Ok, vi spiego, questo post originariamente doveva intitolarsi “Bikini di pelle e tette sudate” (una vecchia cosa della gioventù…[sospiro]) quindi Jessica Simpson con These Boots Are Made for Walkin’ è più che adatta a stare qui. Punto.

Perchè intitolare il post Redneck Women? Perchè nel cuore di ogni uomo del sud c’è sempre (almeno) una donna.
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It takes three

Si dice che tre sia il numero perfetto e, in effetti, quando hai chitarra basso e batteria c’è tutto quello che serve per tirare fuori tutta la rabbia che abbiamo dentro. Magari aggiungendo un cantante, ma proprio se uno dei tre non sappia urlare fortissimo nel microfono.
Can’t Explain degli Who è il prototipo del riff aggressivo anni sessanta.
Forse per Fire dei Jimi Hendrix Experience bisognerebbe tener conto che Hendrix da solo vale quanto tre chitarristi contemporaneamente e forse anche quanto una sezione ritmica.
Con Ice cold ice i tre Hüsker Dü insegnano a sommergere la voce con il rumore.
E i Nirvana di Smells like teen spirit l’hanno imparato benissimo.
E Blister in the sun ti fa capire che non serve un cantante intonato, basta un simpatico ritornello.
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